Maria Luisa Grimani




Sogno del marinaio di Pessoa (1991, particolare)


       
 
TESTI DI MARIA LUISA GRIMANI



POESIA VISIVA



Cos'è per me la poesia visiva

E' un pensiero trasversale, è un'arte che attraversa tutte le arti. Ha come sfondo lo scibile umano, comprendendo quindi sia la cultura umanistica sia la cultura scientifica.
Noi lavoriamo tra gli interstizi di due mondi, che Pascal ha così ben definito nei suoi pensieri, nell'esprit de géométrie e nell'esprit de finesse (spirito matematico, spirito d'intuizione), mescolando i vari linguaggi, tentando sintesi impossibili, azzardando deduzioni E' una palestra per il pensiero ed anche un divertimento intellettuale. Chi la pratica ha il gusto di chi lavora sulla cerniera di diverse discipline, compenetrandole, intersecandole, adattandole al proprio gusto personale.
Suoni che diventano segni, parole che diventano immagini, grafemi o fonemi che prendono forma al di là della parola, collages di oggetti e parole, manoscritti, dattiloscritti, forme che si muovono nello spazio foglio visto non più come supporto per la scrittura ma come sfondo per un racconto visivo.
La particolarità della mia poesia è di utilizzare testi di poeti, e di essere a mia volta trasversale, rispetto alle correnti che fanno parte della ricerca "Verbo-visuale". Alcuni miei lavori possono far parte della poesia concreta (parole come immagini), altri della poesia visiva (parole e immagini) in verità sono difficilmente catalogabili.
Le mie prime poesie erano legate a visioni di immagini stellari, comete, buchi neri, esplosioni, implosioni. Furono l'inizio del mio big bang e della passione per lo spazio cosmico.
La divulgazione scientifica tra gli anni sessanta e settanta, fu uno stimolo per scrittori, pittori, artisti. Nel secolo scorso abbiamo avuto la fortuna di assistere allo sbarco della luna, alla visione della terra dallo spazio, di vedere crollare vecchie teorie per lasciar posto ad altre sulla nascita dell'universo, sulla scomposizione dell'atomo, sui quasar, sui quanti… Abbiamo assistito all'invenzione del computer e in seguito alla sua miniaturizzazione. Avete avuto modo di vedere il grosso computer IBM in mostra a Milano molti anni fa? Un salone enorme per un solo computer ed ora lo tenete nel palmo della mano. C'è di che emozionarsi.
In seguito, gli stimoli visivi furono altri, nascevano dalle mie stesse ricerche abbinate al suono, ispirate alla danza, legate al colore, compenetrate dalla natura che mi circonda.
Le tecniche usate, da quelle antiche, la scrittura fatta con pennino e inchiostro, il segno a pennello,
il collage, la pirografia, all'uso dei trasferibili che io ho usato molto, della stampa, del computer, a tecniche inventate come i rilievi su carta, l'uso del bastoncino di inchiostro solido.

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(dicembre 2002)

 




SPAZIO SUONO MANO SUONO SPAZIO

Luna, 27 ottobre 1992

Ora so perchè sono qui. Non per vedere la luna più da vicino ma per guardarmi indietro verso casa. La Terra.

Osservo l'immagine dell'alba e del tramonto terrestre sullo sfondo di un pianoro lunare e il tempo sembra non esistere.

"Improvvisamente dietro la linea dell'orizzonte della luna, in lunghi lenti movimenti di immensa maestà, ecco emergere un gioiello blu e bianco, una luce, una delicata sfera blu-cielo avvolta in bianchi veli fluttuanti. Sorge gradualmente simile ad una piccola perla in un denso mare di nero mistero"

Raccolgo le parole dell'astronauta Edgar Mitchel e le uso come filo conduttore dei miei gesti, dei miei segni cosmici. In seguito, impagino i miei gesti in un'unica voce: "spazio suono mano suono spazio".

La mano messa fra le parentesi spazio suono è espressione terrestre, è testimonianza della presenza dell'uomo nell'universo.

Vinta la paura del vuoto, dell'ignoto, il gesto dell'uomo si muove all'unisono con il cosmo. E' parte attiva della creazione.

Mi affascina l'immagine di un qualcosa di straordinariamente piccolo che genera l'incredibilmente grande, dell'uovo primordiale che esplode con fragore, crea e riempie lo spazio di polveri e suoni, dando vita alle attuali galassie.

Per me non esiste movimento senza suono. Un suono di diverse nature, dal silenzio più profondo alle voci e ai rumori, alla musica, alle risonanze interiori di ciascuno di noi.

Da tutto ciò derivano le mie pagine nere come fotografie, e i colori della terra che danno vita a segni-oggetto danzanti nello spazio e nel suono.

(Le Bourget - Parigi, 1993)






MAPPALUNA

Oggi scopro l'immenso piacere di trovarmi quassù e mi guardo attorno. Questa luna dal colore indefinibile, fatta di crateri, sabbie, rocce, silenziosi, immobili, senza respiro, potrà ancora farci sognare?

Lontano sento un fievole suono di tamburello che man mano avanza prepotente squarciando il nero velluto del cosmo. "La sua luna di pergamena Bella suonando viene..." e l'immagine evocata da Garcìa Lorca canta per noi e la sua eco sembra non aver fine.

Continueremo a chiederci "Che fai tu luna in ciel? dimmi, che fai, Silenziosa luna?" come se lo chiese Leopardi tanti anni fa?

Sì! Poeti, pittori, uomini di scienza e bambini di tutto il mondo continueranno a raccontare le loro storie specchiandosi in una luna talvolta amara e sempre misteriosa.

Anche Betty pensava alla luna. Così abbiamo voluto verificare la potenza evocativa dell' antica luna e la coscienza materica della luna svelata, in un unico progetto, dove l' architettura di Betty e il mio segno pittorico si sono amalgamati in una sola immagine.

Sono nate lune nere, lune d'argento, lune piene e lune nuove.

(Museo Caproni - Trento, 1993)






IL VUOTO MERAVIGLIOSO

 



"La forma così intimamente connessa al suo spazio vuoto suscita il sentimento del 'vuoto meraviglioso' dal quale improvvisamente l'evento si manifesta "La via dello Zen - A.W.Watts).
Ho avuto da sempre la sensazione che qualsiasi pagina, foglio, tela bianca non fosse uno spazio delimitato ma fosse parte di un qualcosa di infinito e profondo.
Quando ascolto una musica, quando seguo una danza, quando osservo lo scorrere delle acque o sento il vento tra gli alberi, mi prende il desiderio di cogliere l'attimo in cui i gesti, i movimenti, i ritmi sembrano fondersi con la mia natura.
Nascono così segni che danzano, che si rincorrono, si incrociano nello spazio vuoto e profondo.
L'impulso che li esprime è come un raggio improvviso , un laser, che sintetizza e allinea gli stimoli complessi della tradizione occidentale ed orientale.
"Accidenti controllati" che si collocano in modo dialettico con le altre mie ricerche sulla poesia, sul colore, luce e forma.


(Lisbona, 1990)




GLI SCACCHI





Lavoravo verso la fine degli anni settanta nello Studio di A G Fronzoni, dal quale stavo imparando quanto fossero importanti l'esercizio critico e il rigore formale nel design.

Devo probabilmente alla combinazione tra questa "scuola" e il caso la svolta personale che andavo cercando nel mio lavoro e che si rivelò la prima volta osservando una partita di scacchi.

Ricordo che guardando con attenzione i due avversari, mi chiedevo quanto sarebbe stato interessante vedere la trama delle loro mosse se non addirittura la sintesi della loro partita.

La rappresentazione di una partita di scacchi era lì davanti a me: due giocatori, una scacchiera e i diversi pezzi, i re, le regine, i cavalli, gli alfieri, le torri, i pedoni.

Ogni giocatore ha una strategia, applica una tattica, studia aperture e finali, commette errori, inventa mosse geniali e imprevedibili. Ogni mossa è la testimonianza di un complesso lavorio mentale. Ed ero consapevole che man mano che la partita avanzava e i pezzi sparivano dalla scacchiera, nasceva un invisibile tracciato.

Era questo che volevo interpretare poiché ero convinta, ancor prima di renderlo visivo, che sarebbe apparso come una costruzione armoniosa, equilibrata, originale.

Decisivo si è rivelato il tradurre in immagine la mossa del cavallo: invece di tracciare una linea ad L come indicato nelle regole del gioco usai la diagonale che la mano esperta del giocatore traccia trasportando direttamente il pezzo da una casella all'altra. Una diagonale diversa da quella dell'alfiere, che dava dinamicità all'intero tracciato creando nuove linee di forza. Partite brevi, con poche mosse, erano le più efficaci.

Approfondendo questa ricerca sugli scacchi, (alcune mie partite furono pubblicate da Bruno Munari nel suo libro "La scoperta del quadrato" edito da Zanichelli, 1977) mi accorsi che nel prendere nota di tutti i movimenti dei due giocatori applicavo un metodo analitico, mentre nel ricostruire tutti i movimenti in un'unica immagine cercavo e trovavo la sintesi.

Nella mossa del cavallo avevo scoperto una leva del momento creativo: questo movimento a salto diventò per me il simbolo visivo di come si possa uscire dagli schemi e trovare per intuizione i propri personali collegamenti.

L'elaborazione di una strategia e la sua traduzione in tattica diventarono per me la scelta del percorso e della tecnica giusta nel realizzare le mie opere.

A questo punto mi accorsi di aver trovato un metodo di lavoro che potevo applicare, adattandolo di volta in volta ai diversi studi sulla natura, ai linguaggi visivi della poesia, alla trascrizione della musica e della danza in immagini.

Un metodo, non rigido e definitivo, ma una metodologia snella e aperta alle varianti che l’apprendimento di nuove idee, nuovi stimoli può suggerire.

(Monza, 20 gennaio 1994)





L'ALBERO



Sto lavorando con delle tavolette di un legno molto particolare, leggerissimo, delicato, chiaro con venature semplici e regolari: la paulownia una pianta che cresce in Cina. E mi succede quello che già sperimentati con delle carte fatte a mano, rugose, neutre, naturalmente belle, pagine che dedicai al Silenzio di John Cage. Il timore di sciuparle, di offuscarne la freschezza, l'immediatezza del linguaggio mi incute un particolare rispetto d una attenzione minuziosa nel lavorarle. La mia natura si piega alla natura delle cose e nel raccontare qualcosa di loro racconto anche me stessa.
Ogni più piccola parte di un albero è un mondo a se stante, pronto per essere scoperto ed esaltato. Il cangiante cromatismo delle foglie, le venature del legno, la rugosità della corteccia, gli anelli del suo tronco, le diverse ramificazioni, le nascoste simmetrie, i nodi. Persino quando, ridotto a sottili fogli, ci mostra la sua anima, ancora si rivela a noi nella più intima bellezza.
Caro albero, non finirai mai di stupirci! Esperto di stagioni, sensibilissimo alle variazioni di clima, tende alle bellezze del cielo con sguardi d'astronomo e sonda le viscere della terra come fosse un abile speleologo. Trae nutrimento dall'humus, dal vento, dalla pioggia, e una volta sradicato inizia a viaggiare e ad esplorare il mondo. Conoscitore dalla nascita di montagne impervie, dirupi, vallate, boschi, giardini nella sua maturità discende fiumi, attraversa città, arriva ai mari. E' il simbolo di una continua metamorfosi.
Foglie, fiori, radici essiccate, essenze ed oli profumati, travi di sostegno, colonne portanti, tavoli per convivi, scacchiere per i nostri giochi, ed è solo un inizio.
Ritornando alle tavole sulle quali sto lavorando quanti possibili racconti, suoni, colori!
Spero solo di non tradirle.

(Monza, 1 luglio 2000)

 





 





grafica: Tommaso Correale Santacroce