Testi
sull'artista |
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Quadri
per una biblioteca di Mario Cossali |
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UN
SISTEMA DI SEGNI |
"Itinerario",
percorso di viaggio per lo più diviso in tappe, questa la definizione
del dizionario: la scelta del sottotitolo mi sembra particolarmente
calzante, appropriata. Dove si parla evidentemente di pittura e scultura,
diciamo "arti plastiche" senza alcuna distinzione o classificazione
di merito, ma si parla anche di letteratura, scritta e recitata, anche
di scritture "illeggibili" per dirla con uno dei punti di
riferimento dell'operare che è stato Bruno Munari, ma si parla
anche di musica e di danza. Queste brevi note - in questa congiuntura
le puntuali osservazioni di Nella Papa svolgono il ruolo fondamentale
di "guida alla lettura" - hanno, effettivamente, un compito
introduttivo sul modo operativo e l'atteggiamento rispetto al fare artistico
che Maria Luisa Grimani propone nell'occasione espositiva di Monza perché
l'insieme si presenta variato per temi e strumenti adottati, lungo anche
l'arco cronologico coperto, dalla fine degli anni settanta a oggi, ricco
oltretutto di contatti, contaminazioni e suggestioni con altre discipline
espressive. Il ragionamento vuole essere, allora, attorno alle ragioni
del fare, più precisamente al suo ruolo di "memoria"
durevole di un incontro, un approfondimento, anche una fascinazione
che determina l'interesse creativo, tradotto nel voler impegnare parte
del proprio tempo, delle proprie risorse intellettuali, delle proprie
abilità nel manovrare gli strumenti, in sintesi nell'impegno
"economico" - un termine usato in senso esteso, impegnativo
per indicare l'essenzialità e l'utilità senza accademie
degli elementi in gioco - a voler duplicare una suggestione e la possibilità
che questa possa, per un effetto "domino", toccare altri ambiti,
modificare certezze acquisite. Una mostra antologica che copre un arco
di tempo così ampio, se la persona o il materiale lo permettono,
è un luogo privilegiato per la critica e il pubblico perché
si possono cogliere nella contemporaneità dell'esposizione, l'emanciparsi,
l'evolversi, l'affermarsi e lo stabilizzarsi - nelle occasioni più
fortunate che escludono la decadenza o la ripetizione - di un linguaggio
plastico. Oltretutto Grimani sembra in grado, a dispetto dei soggetti
affrontati - i titoli delle tappe - di gestire con padronanza e confidenza
tanto il registro del linguaggio verbale quanto quello del visivo, con
una escursione nella musica e nella sua "visibilità"
tradotta dalla danza che dice molto di una educazione non specialistica
ma aperta e curiosa, capace di captare segnali su cui riflettere e poi
riproporre secondo i propri strumenti espressivi. Certo per ottenere
questi esiti occorre lavorare in laboratorio, cercare, provare e verificare,
una tempistica lunga rispetto all'urgenza dell'esito veloce e appariscente
che sembra essere vincente all'oggi, almeno all'apparenza: e provare
vuol dire dialogare anche con strumenti non previsti dall'accademia,
anche con il computer di cui l'ultima, almeno dal punto di vista cronologico,
sezione della mostra presenta alcuni esiti: ma per giungere a questi
esiti e è necessario un apprendistato sulle strumentazioni tradizionali,
dal "taglia e incolla" al letraset, per antonomasia il carattere
trasferibile in auge prima dei programmi di videoscrittura, che costituisce
una equilibrata sapienza fra manualità e pensiero, un esercizio
che occorre segnalare. Alberto
Veca |
SEGUENDO
IL SENTIERO DEGLI ALBERI
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D"Itinerario",
percorso di viaggio per lo più diviso in tappe, questa la definizione
del dizionario: la scelta del sottotitolo mi sembra particolarmente
calzante, appropriata. Dove si parla evidentemente di pittura e scultura,
diciamo "arti plastiche" senza alcuna distinzione o classificazione
di merito, ma si parla anche di letteratura, scritta e recitata, anche
di scritture "illeggibili" per dirla con uno dei punti di
riferimento dell'operare che è stato Bruno Munari, ma si parla
anche di musica e di danza. Queste brevi note - in questa congiuntura
le puntuali osservazioni di Nella Papa svolgono il ruolo fondamentale
di "guida alla lettura" - hanno, effettivamente, un compito
introduttivo sul modo operativo e l'atteggiamento rispetto al fare artistico
che Maria Luisa Grimani propone nell'occasione espositiva di Monza perché
l'insieme si presenta variato per temi e strumenti adottati, lungo anche
l'arco cronologico coperto, dalla fine degli anni settanta a oggi, ricco
oltretutto di contatti, contaminazioni e suggestioni con altre discipline
espressive. Il ragionamento vuole essere, allora, attorno alle ragioni
del fare, più precisamente al suo ruolo di "memoria"
durevole di un incontro, un approfondimento, anche una fascinazione
che determina l'interesse creativo, tradotto nel voler impegnare parte
del proprio tempo, delle proprie risorse intellettuali, delle proprie
abilità nel manovrare gli strumenti, in sintesi nell'impegno
"economico" - un termine usato in senso esteso, impegnativo
per indicare l'essenzialità e l'utilità senza accademie
degli elementi in gioco - a voler duplicare una suggestione e la possibilità
che questa possa, per un effetto "domino", toccare altri ambiti,
modificare certezze acquisite. Una mostra antologica che copre un arco
di tempo così ampio, se la persona o il materiale lo permettono,
è un luogo privilegiato per la critica e il pubblico perché
si possono cogliere nella contemporaneità dell'esposizione, l'emanciparsi,
l'evolversi, l'affermarsi e lo stabilizzarsi - nelle occasioni più
fortunate che escludono la decadenza o la ripetizione - di un linguaggio
plastico. Oltretutto Grimani sembra in grado, a dispetto dei soggetti
affrontati - i titoli delle tappe - di gestire con padronanza e confidenza
tanto il registro del linguaggio verbale quanto quello del visivo, con
una escursione nella musica e nella sua "visibilità"
tradotta dalla danza che dice molto di una educazione non specialistica
ma aperta e curiosa, capace di captare segnali su cui riflettere e poi
riproporre secondo i propri strumenti espressivi. Certo per ottenere
questi esiti occorre lavorare in laboratorio, cercare, provare e verificare,
una tempistica lunga rispetto all'urgenza dell'esito veloce e appariscente
che sembra essere vincente all'oggi, almeno all'apparenza: e provare
vuol dire dialogare anche con strumenti non previsti dall'accademia,
anche con il computer di cui l'ultima, almeno dal punto di vista cronologico,
sezione della mostra presenta alcuni esiti: ma per giungere a questi
esiti e è necessario un apprendistato sulle strumentazioni tradizionali,
dal "taglia e incolla" al letraset, per antonomasia il carattere
trasferibile in auge prima dei programmi di videoscrittura, che costituisce
una equilibrata sapienza fra manualità e pensiero, un esercizio
che occorre segnalare. Sabrina
Arosio |
NEL CERCHIO
DE LA LUNA
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Alzare gli occhi solo quel tanto che basta, non in alto ma davanti a sé. Il cielo si è riversato sulla terra e la luna è più vicina. Quasi la si può sfiorare, con le sue increspature di superficie, i suoi argenti. Le lune di Maria Luisa Grimani dal firmamento sono arrivate in galleria. Una personale ricca di spunti e sperimentazioni, un dialogo costante con i materiali più disparati e soprattutto con la poesia delle forme, dei gesti, delle parole, con cui l'artista ormai da anni ha impostato un serio impegno di ricerca. Per l'evento "Nel cerchio de la luna", perché di manifestazione si deve parlare dato l'intimo connubio tra arte figurativa, teatro e musica, Maria Luisa Grimani presenta al pubblico i suoi nuovi lavori sul tema, sempre straordinari per l'essenzialità delle forme e dei colori e sempre carichi di piacevoli misteri. Significativo è il fatto che l'inaugurazione si apre con una performance teatral musicale di Tommaso Correale Santacroce, accompagnato per l'occasione dal percussionista Lorenzo Gasperoni. Nell'esibizione l'attore canta alla luna tutto il proprio amore e nel suo infinito desiderio di raggiungerla si ingegna nell'invenzione di nuovi espedienti che gli permettano di avvicinarsi sempre di più alla sua amata immagine. Un bisogno che, di fatto, appartiene alla fantasia di ogni uomo che nei momenti più poetici della vita non ha mai cessato di volgere lo sguardo al cielo per cercare il conforto in quella candida luce riflessa. Così comincia il viaggio "Nel cerchio de la luna", dalla scena a cielo aperto, allo spazio della galleria dove il pubblico può incontrare la propria luna nelle opere dell'artista. La rassegna si apre con i tre grandi trittici di Mappaluna, (vedi) presentati nel 1984 al Museo Caproni di Trento, in occasione di un'altra grande mostra della pittrice, dedicata al 25° anniversario dello sbarco sulla luna. È questa una tappa obbligatoria per entrare nel mondo lunare di Maria Luisa Grimani e imparare a conoscere il suo modo di intendere la luna: il primo dei tre trittici è dedicato alla scienza, alla magia e al mito, il secondo a un enigma: la luna tra conoscenza e fantasia, e il terzo alla fantasmagoria delle strutture lunari. Il tutto per dire come la luna ha da sempre guardato e ha sempre convissuto, fianco a fianco, con il pensare e l'agire dell'uomo. L'itinerario del viandante prosegue attraverso altre opere che attestano la perizia esecutiva dell'artista e la sua straordinaria libertà nella scelta e nella combinazione dei materiali: uno studio sugli ori e gli argenti, sui tagli che rivelano facce sempre diverse, fino a raggiungere gli esiti di Pizz'e Luna, l'ultima produzione lunare della Grimani, giocata interamente su suggestioni di superficie in monocromo.
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QUADRI
PER UNA BIBLIOTECA
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Nell'arte
di Maria Luisa Grimani la parola diventa immagine, crea immagini senza
perdere peraltro il suo potere evocativo, anzi caricandolo all'inverosimile.
Le radici di quest'arte si ritrovano nell'humus della "lotta poetica" moderna (Mallarmé, Rimbaud, Apollinaire, Marinetti, Depero...) e si alimentano alle sorgenti della lettura semiotica del testo poetico. Ma l'impianto fondamentale, direi strutturale del lavoro della Grimani non è letterario bensì squisitamente pittorico. Forse l'analogia più comprensibile è quella con le subways di Depero, solo fino ad un certo punto. Resta il rapporto con una grande corrente magmatica di poesia visiva, poesia visuale, poesia totale, viaggiando al di là dei suoi confini e garantendo all'invenzione tutto lo spazio che le compete. Qualcuno potrebbe parlare di lettura visionaria di testi (Pessoa, Perec, Calvino), già di per se stessi aperti ad estreme forzature, anche se, va detto subito, si tratta di testi profondamente e particolarmente analitici, la cui suggestione e capacità evocativa è legata proprio alla loro straordinaria analiticità. C'è in questi testi la stessa tensione che scuoteva Gerard de Nerval quando annotava "Ritroviamo la lettera perduta, il segno cancellato, ricomponiamo la gamma dissonante, e saremo di nuovo forti nel mondo degli spiriti". Ritrovare ogni lettera, ogni segno, ogni parola, che ci permettano l'interpretazione, la lotta contro il nulla, questo sia nei testi che nelle immagini ad essi ispirati materialmente e spiritualmente. La lettura visionaria è correlata ai testi e dunque più alla scrittura che alla parola. E' la scrittura che diventa immagine, inglobando la parola con il suo potere, è la scrittura che nella creatività di Maria Luisa Grimani diventa visione raccogliendo anche stimoli sonori, musicali della, dalla parola. "Le
bolle di sapone che questo bimbo Ecco forse
questi versi di Fernando Pessoa, autore molto amato dalla Grimani, ci
danno la misura poetica di un itinerario creativo che vuole puntare
alla rappresentazione senza tralasciare meticolose cuciture dello spazio,
del tempo, dei concetti. La rappresentazione, l'immagine risulta da
una perlustrazione, che nulla tralascia e che in questo febbrile agitarsi
trova l'emozione lirica trasudata dai testi amici. Mario Cossali |
IL GIARDINO
DEI SEGNI
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Proseguendo
quella che ormai può essere definita una "sana tradizione"
gli incontri internazionali di Oriente Occidente hanno portato anche
quest'anno a Rovereto dei momenti espositivi. Si segnala qui la mostra
a Palazzo Alberti delle opere pittoriche di Maria Luisa Grimani, artista
di origini veneziane che vive e lavora tra Monza e Arco di Trento. Ci
troviamo di fronte ad opere ispirate alla musica , alla danza, ai ritmi
della natura e la Grimani stessa parla dei suoi gesti pittorici come
"gesti ispirati a danze, a suoni, a voci, a gesti che stanno tra
le persone e le cose, come movimentate pause, silenzi sonori, corpose
ombre". Ma a mio avviso c'è di più: infatti l'artista
insegue i segni più trascurati, più dimenticati, rimossi,
o meglio coglie un mondo di segni là dove la maggior parte delle
persone coglie altre cose. Marisa Grimani costruisce un immenso schedario,
un infinito archivio, dei segni che riesce a cogliere con una sensibilità
che è distesa a rete sui luoghi del suo ascolto e questo ascolto
vive la duplice vita, inscindibile ma distinta, della mente e del corpo.
Il tema dei segni è strettamente correlato alla ricerca della danza contemporanea e non per niente questa è spesso legata ad un flusso di ricerche creative e immaginative, tipico della pittura e della scultura del nostro secolo. La mostra di Marisa Grimani ci ha fatto scoprire la tela più vera della danza, di cui spesso non comprendiamo l'intima struttura, ma nello stesso tempo ci ha introdotti una volta di più in un "giardino" che crediamo di conoscere, quello dei segni, e che invece ci rivela ogni volta nuove piste di creatività e di intelligenza. Mario Cossali |
IL VUOTO
MERAVIGLIOSO
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"Ciò che permane lo fondano i poeti" (Holderlin) Il verso di Holderlin, proposto da Heidegger a significazione dell'essenza della poesia e ripreso dal filosofo Vattimo, contribuisce a delineare l'esistenza di un'area post-moderna in cui l'arte, ormai svincolata dall'assunto proprio del pensiero occidentale arte-verità, trova il suo fondamento in ciò che permane, in quel "permanente" che è solo nell'arte. Il fare artistico pare prospettarsi, in quest'ottica, non come discendente da una verità a priori (assunto medievale), ne da una verità conquistata dall'intelligenza e fatta propria dalla coscienza (nell'umanesimo), ma come fondante una nuova realtà, anzi la vera realtà, il permanente. A questo livello si colloca il gesto di Maria Luisa Grimani, apparentemente casuale, solo perché svincolato da nessi di causa-effetto ed estraneo a propositi di presa del reale. In questo senso il gesto di Maria Luisa Grimani parrebbe ricollegarsi ad atteggiamenti di pensiero orientale, come proposta dell'unità fra la persona e il tutto; più precisamente si tratta di una ricerca che - fuori dall'ansia della modernità e quindi dall'evidenziazione della ragione o della non-ragione delle cose - muove alla conquista del silenzio (non come assenza del rumore), dell'ordine (non come venir meno della confusione), del bello (non come in contrapposizione al brutto). Si tratta di un gesto non presuntuoso, innocente, assolutamente non violento. In esso fisicità e intelligenza sono la stessa cosa. Come nella danza, una delle forme più antiche dell'arte. Paolo Biscottini |
IL TESTO
POETICO COME IMMAGINE
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Raro il simbolo di questa nostra epoca. Raro nel linguaggio, tanto più lo è nell'Arte. Oggi la comunicazione tenta l'immediatezza, gioca nel presente e pare voler escludere quasi aprioristicamente ciò che è assenza, lontananza, distanza. Nulla altrove, tutto qui. Una storia di hic et nunc che soprattutto esclude i percorsi labirintici della fantasia e preclude al mistero. Al contrario
Maria Luisa Grimani si lascia tentare dai giochi dell'assurdo e quasi
ricerca - divertita?, appassionata?, intimorita? - di là dallo
specchio di Alice il senso - quello vero? - delle cose. La mente non
si distrae. Le mani lavorano come quelle del chirurgo. Sapere non è
sapienza. Dove la verità? Non nella parola e nemmeno nella forma.
Né nella idea. Ma là e lì. E oltre ancora. Invenzione. Simbolo del nuovo reale che l'occhio può finalmente vedere e sentire e subito capire. Il faut que notre intelligence s'habitue à comprendre synthetico-idéographiquement, au lieu de analytico-discursivement. Apollinaire. La parola si libera dai consueti nessi sintattici. Il linguaggio si concentra in vocaboli autonomamente espressivi che irradiano quasi automaticamente una forma sospesa fra il bianco-infinito del foglio e il nero-finito del segno grafico. Un processo di pulizia estetica che nasce dall'umiltà di chi, rifiutando il giro di parole dell'espressione o le forme già note della natura - la sicurezza dell'uomo aristotelico - vuole soprattutto manifestare il proprio senso di inadeguatezza di fronte ad una realtà intuita come mondo ancora sconosciuto, mistero. Paolo Biscottini |
il testo
come immagine |
il testo come immagine, verifica 8+1 venezia-mestre 1980 marialuisa grimani ci propone in questa mostra la direzione di verifica della ricerca visuale che da tempo svolge sulla parola. è la messa in prova, si potrebbe dire, al di là della fine teoricamente individuata (derrida, 1967) della scrittura lineare e del libro, la possibilità di recuperare scritture non logocentriche o libresche, cioè non mero strumento esterno per un logos, ma per l'appunto visuali, autorappresentative; non informative, dunque, come struttura o sintassi, non "vestito", ma libera esibizione della propria nuda presenza visiva, e dunque a livello di comunicazione diretta, sensibile e corporea. gli esperimenti che grimani ci mostra contribuiscono a illuminare un problema tra i più appassionanti della creatività moderna. questa operazione di trapasso all'indietro, avente come meta ultima il punto zero di un silenzio, può essere vista come una specie di ricerca di una precedente meta-progettualità, progetto di progetti. come tutto il senso delle analisi di grimani dimostra, è tentativo per più concretamente comprendere il reale storico, progettarlo, significarlo e, in modo proprio, tras-formarlo. è un giro di 180 gradi che permette di riconquistare, nello specchio delle possibilità e della riflessione, il senso sempre rinascente e stupefatto delle cose in una rinnovata progettualità senza limite. ag fronzoni |
Il percorso
artistico
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Maria
Luisa Grimani è un'artista di origini veneziane che vive e lavora
a Monza.
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