Maria Luisa Grimani




Autoritratto semiologia della memoria (1979)


       
Testi
sull'artista
Un sistema di segni
di
Alberto Veca
Il sentiero degli alberi
di
Sabrina Arosio
Nel cerchio de la luna
di
Sabrina Arosio
Il giardino dei segni
di
Mario Cossali
Il vuoto meraviglioso
di
Paolo Biscottini
Il testo poetico come immagine
di
Paolo Biscottini
il testo come immagine
di
ag fronzoni

 

UN SISTEMA DI SEGNI

"Itinerario", percorso di viaggio per lo più diviso in tappe, questa la definizione del dizionario: la scelta del sottotitolo mi sembra particolarmente calzante, appropriata. Dove si parla evidentemente di pittura e scultura, diciamo "arti plastiche" senza alcuna distinzione o classificazione di merito, ma si parla anche di letteratura, scritta e recitata, anche di scritture "illeggibili" per dirla con uno dei punti di riferimento dell'operare che è stato Bruno Munari, ma si parla anche di musica e di danza. Queste brevi note - in questa congiuntura le puntuali osservazioni di Nella Papa svolgono il ruolo fondamentale di "guida alla lettura" - hanno, effettivamente, un compito introduttivo sul modo operativo e l'atteggiamento rispetto al fare artistico che Maria Luisa Grimani propone nell'occasione espositiva di Monza perché l'insieme si presenta variato per temi e strumenti adottati, lungo anche l'arco cronologico coperto, dalla fine degli anni settanta a oggi, ricco oltretutto di contatti, contaminazioni e suggestioni con altre discipline espressive. Il ragionamento vuole essere, allora, attorno alle ragioni del fare, più precisamente al suo ruolo di "memoria" durevole di un incontro, un approfondimento, anche una fascinazione che determina l'interesse creativo, tradotto nel voler impegnare parte del proprio tempo, delle proprie risorse intellettuali, delle proprie abilità nel manovrare gli strumenti, in sintesi nell'impegno "economico" - un termine usato in senso esteso, impegnativo per indicare l'essenzialità e l'utilità senza accademie degli elementi in gioco - a voler duplicare una suggestione e la possibilità che questa possa, per un effetto "domino", toccare altri ambiti, modificare certezze acquisite. Una mostra antologica che copre un arco di tempo così ampio, se la persona o il materiale lo permettono, è un luogo privilegiato per la critica e il pubblico perché si possono cogliere nella contemporaneità dell'esposizione, l'emanciparsi, l'evolversi, l'affermarsi e lo stabilizzarsi - nelle occasioni più fortunate che escludono la decadenza o la ripetizione - di un linguaggio plastico. Oltretutto Grimani sembra in grado, a dispetto dei soggetti affrontati - i titoli delle tappe - di gestire con padronanza e confidenza tanto il registro del linguaggio verbale quanto quello del visivo, con una escursione nella musica e nella sua "visibilità" tradotta dalla danza che dice molto di una educazione non specialistica ma aperta e curiosa, capace di captare segnali su cui riflettere e poi riproporre secondo i propri strumenti espressivi. Certo per ottenere questi esiti occorre lavorare in laboratorio, cercare, provare e verificare, una tempistica lunga rispetto all'urgenza dell'esito veloce e appariscente che sembra essere vincente all'oggi, almeno all'apparenza: e provare vuol dire dialogare anche con strumenti non previsti dall'accademia, anche con il computer di cui l'ultima, almeno dal punto di vista cronologico, sezione della mostra presenta alcuni esiti: ma per giungere a questi esiti e è necessario un apprendistato sulle strumentazioni tradizionali, dal "taglia e incolla" al letraset, per antonomasia il carattere trasferibile in auge prima dei programmi di videoscrittura, che costituisce una equilibrata sapienza fra manualità e pensiero, un esercizio che occorre segnalare.
Una molteplicità di linguaggi in sinergia, che possono portare anche a eleggere un sasso o una scheggia di legno a coprotagonisti dialoganti dell'avventura, costantemente disciplinata dalla loro commensurabilità o traducibilità in opera plastica con un privilegio accordato, dalla prima all'ultima stazione, al testo, alla parola scritta che si presenta a volte come parte determinante del tutto, a volte personaggio dialettico della scena teatrale, a volte ancora comparsa marginale ma sempre determinante. Ecco il motivo che legittima il titolo scelto per questo intervento: un "sistema" prevede che elementi diversi siano messi insieme per una qualche loro affinità, che esista in altri termini una architettura capace di accogliere un materiale eterogeneo; analogamente un "segno" è operazione adottata dall'uomo che attribuisce un "significato" a un materiale altrimenti inespressivo o inerte, o al massimo capace di parlare solo con il proprio simile. L'operazione di Grimani a partire da "referenti" diversi, ambiti espressivi già operanti come la scrittura, il libro, la danza, la musica, anche l'"icona" della luna, sembra rimescolare, sotto il segno di una elegante regia d'impaginazione - ma in questo vi è la traccia di una seconda autorità che ha condizionato il fare dell'artista, quella di A. G. Fronzoni - i diversi linguaggi e renderli in coerente dialogo fra loro sotto l'egida della misura, della discrezione, che oltre a essere un atteggiamento cortese dell'essere umano coincide con la capacità di distinguere bene le parti di un discorso, pesarne l'importanza, equilibrarne l'anatomia. Penso che l'obiettivo sia stato raggiunto, con la raccomandazione di una "lettura" non affrettata dei documenti.


Alberto Veca
(febbraio 2007, Milano)





SEGUENDO IL SENTIERO DEGLI ALBERI

D"Itinerario", percorso di viaggio per lo più diviso in tappe, questa la definizione del dizionario: la scelta del sottotitolo mi sembra particolarmente calzante, appropriata. Dove si parla evidentemente di pittura e scultura, diciamo "arti plastiche" senza alcuna distinzione o classificazione di merito, ma si parla anche di letteratura, scritta e recitata, anche di scritture "illeggibili" per dirla con uno dei punti di riferimento dell'operare che è stato Bruno Munari, ma si parla anche di musica e di danza. Queste brevi note - in questa congiuntura le puntuali osservazioni di Nella Papa svolgono il ruolo fondamentale di "guida alla lettura" - hanno, effettivamente, un compito introduttivo sul modo operativo e l'atteggiamento rispetto al fare artistico che Maria Luisa Grimani propone nell'occasione espositiva di Monza perché l'insieme si presenta variato per temi e strumenti adottati, lungo anche l'arco cronologico coperto, dalla fine degli anni settanta a oggi, ricco oltretutto di contatti, contaminazioni e suggestioni con altre discipline espressive. Il ragionamento vuole essere, allora, attorno alle ragioni del fare, più precisamente al suo ruolo di "memoria" durevole di un incontro, un approfondimento, anche una fascinazione che determina l'interesse creativo, tradotto nel voler impegnare parte del proprio tempo, delle proprie risorse intellettuali, delle proprie abilità nel manovrare gli strumenti, in sintesi nell'impegno "economico" - un termine usato in senso esteso, impegnativo per indicare l'essenzialità e l'utilità senza accademie degli elementi in gioco - a voler duplicare una suggestione e la possibilità che questa possa, per un effetto "domino", toccare altri ambiti, modificare certezze acquisite. Una mostra antologica che copre un arco di tempo così ampio, se la persona o il materiale lo permettono, è un luogo privilegiato per la critica e il pubblico perché si possono cogliere nella contemporaneità dell'esposizione, l'emanciparsi, l'evolversi, l'affermarsi e lo stabilizzarsi - nelle occasioni più fortunate che escludono la decadenza o la ripetizione - di un linguaggio plastico. Oltretutto Grimani sembra in grado, a dispetto dei soggetti affrontati - i titoli delle tappe - di gestire con padronanza e confidenza tanto il registro del linguaggio verbale quanto quello del visivo, con una escursione nella musica e nella sua "visibilità" tradotta dalla danza che dice molto di una educazione non specialistica ma aperta e curiosa, capace di captare segnali su cui riflettere e poi riproporre secondo i propri strumenti espressivi. Certo per ottenere questi esiti occorre lavorare in laboratorio, cercare, provare e verificare, una tempistica lunga rispetto all'urgenza dell'esito veloce e appariscente che sembra essere vincente all'oggi, almeno all'apparenza: e provare vuol dire dialogare anche con strumenti non previsti dall'accademia, anche con il computer di cui l'ultima, almeno dal punto di vista cronologico, sezione della mostra presenta alcuni esiti: ma per giungere a questi esiti e è necessario un apprendistato sulle strumentazioni tradizionali, dal "taglia e incolla" al letraset, per antonomasia il carattere trasferibile in auge prima dei programmi di videoscrittura, che costituisce una equilibrata sapienza fra manualità e pensiero, un esercizio che occorre segnalare.
Una molteplicità di linguaggi in sinergia, che possono portare anche a eleggere un sasso o una scheggia di legno a coprotagonisti dialoganti dell'avventura, costantemente disciplinata dalla loro commensurabilità o traducibilità in opera plastica con un privilegio accordato, dalla prima all'ultima stazione, al testo, alla parola scritta che si presenta a volte come parte determinante del tutto, a volte personaggio dialettico della scena teatrale, a volte ancora comparsa marginale ma sempre determinante. Ecco il motivo che legittima il titolo scelto per questo intervento: un "sistema" prevede che elementi diversi siano messi insieme per una qualche loro affinità, che esista in altri termini una architettura capace di accogliere un materiale eterogeneo; analogamente un "segno" è operazione adottata dall'uomo che attribuisce un "significato" a un materiale altrimenti inespressivo o inerte, o al massimo capace di parlare solo con il proprio simile. L'operazione di Grimani a partire da "referenti" diversi, ambiti espressivi già operanti come la scrittura, il libro, la danza, la musica, anche l'"icona" della luna, sembra rimescolare, sotto il segno di una elegante regia d'impaginazione - ma in questo vi è la traccia di una seconda autorità che ha condizionato il fare dell'artista, quella di A. G. Fronzoni - i diversi linguaggi e renderli in coerente dialogo fra loro sotto l'egida della misura, della discrezione, che oltre a essere un atteggiamento cortese dell'essere umano coincide con la capacità di distinguere bene le parti di un discorso, pesarne l'importanza, equilibrarne l'anatomia. Penso che l'obiettivo sia stato raggiunto, con la raccomandazione di una "lettura" non affrettata dei documenti
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Sabrina Arosio
(2001, Monza)





NEL CERCHIO DE LA LUNA

Alzare gli occhi solo quel tanto che basta, non in alto ma davanti a sé. Il cielo si è riversato sulla terra e la luna è più vicina. Quasi la si può sfiorare, con le sue increspature di superficie, i suoi argenti. Le lune di Maria Luisa Grimani dal firmamento sono arrivate in galleria.

Una personale ricca di spunti e sperimentazioni, un dialogo costante con i materiali più disparati e soprattutto con la poesia delle forme, dei gesti, delle parole, con cui l'artista ormai da anni ha impostato un serio impegno di ricerca.

Per l'evento "Nel cerchio de la luna", perché di manifestazione si deve parlare dato l'intimo connubio tra arte figurativa, teatro e musica, Maria Luisa Grimani presenta al pubblico i suoi nuovi lavori sul tema, sempre straordinari per l'essenzialità delle forme e dei colori e sempre carichi di piacevoli misteri.

Significativo è il fatto che l'inaugurazione si apre con una performance teatral musicale di Tommaso Correale Santacroce, accompagnato per l'occasione dal percussionista Lorenzo Gasperoni. Nell'esibizione l'attore canta alla luna tutto il proprio amore e nel suo infinito desiderio di raggiungerla si ingegna nell'invenzione di nuovi espedienti che gli permettano di avvicinarsi sempre di più alla sua amata immagine. Un bisogno che, di fatto, appartiene alla fantasia di ogni uomo che nei momenti più poetici della vita non ha mai cessato di volgere lo sguardo al cielo per cercare il conforto in quella candida luce riflessa. Così comincia il viaggio "Nel cerchio de la luna", dalla scena a cielo aperto, allo spazio della galleria dove il pubblico può incontrare la propria luna nelle opere dell'artista.

La rassegna si apre con i tre grandi trittici di Mappaluna, (vedi) presentati nel 1984 al Museo Caproni di Trento, in occasione di un'altra grande mostra della pittrice, dedicata al 25° anniversario dello sbarco sulla luna. È questa una tappa obbligatoria per entrare nel mondo lunare di Maria Luisa Grimani e imparare a conoscere il suo modo di intendere la luna: il primo dei tre trittici è dedicato alla scienza, alla magia e al mito, il secondo a un enigma: la luna tra conoscenza e fantasia, e il terzo alla fantasmagoria delle strutture lunari. Il tutto per dire come la luna ha da sempre guardato e ha sempre convissuto, fianco a fianco, con il pensare e l'agire dell'uomo.

L'itinerario del viandante prosegue attraverso altre opere che attestano la perizia esecutiva dell'artista e la sua straordinaria libertà nella scelta e nella combinazione dei materiali: uno studio sugli ori e gli argenti, sui tagli che rivelano facce sempre diverse, fino a raggiungere gli esiti di Pizz'e Luna, l'ultima produzione lunare della Grimani, giocata interamente su suggestioni di superficie in monocromo.


Sabrina Arosio
(2001, Monza)






QUADRI PER UNA BIBLIOTECA
Nell'arte di Maria Luisa Grimani la parola diventa immagine, crea immagini senza perdere peraltro il suo potere evocativo, anzi caricandolo all'inverosimile.
Le radici di quest'arte si ritrovano nell'humus della "lotta poetica" moderna (Mallarmé, Rimbaud, Apollinaire, Marinetti, Depero...) e si alimentano alle sorgenti della lettura semiotica del testo poetico. Ma l'impianto fondamentale, direi strutturale del lavoro della Grimani non è letterario bensì squisitamente pittorico. Forse l'analogia più comprensibile è quella con le subways di Depero, solo fino ad un certo punto. Resta il rapporto con una grande corrente magmatica di poesia visiva, poesia visuale, poesia totale, viaggiando al di là dei suoi confini e garantendo all'invenzione tutto lo spazio che le compete. Qualcuno potrebbe parlare di lettura visionaria di testi (Pessoa, Perec, Calvino), già di per se stessi aperti ad estreme forzature, anche se, va detto subito, si tratta di testi profondamente e particolarmente analitici, la cui suggestione e capacità evocativa è legata proprio alla loro straordinaria analiticità. C'è in questi testi la stessa tensione che scuoteva Gerard de Nerval quando annotava "Ritroviamo la lettera perduta, il segno cancellato, ricomponiamo la gamma dissonante, e saremo di nuovo forti nel mondo degli spiriti".
Ritrovare ogni lettera, ogni segno, ogni parola, che ci permettano l'interpretazione, la lotta contro il nulla, questo sia nei testi che nelle immagini ad essi ispirati materialmente e spiritualmente. La lettura visionaria è correlata ai testi e dunque più alla scrittura che alla parola. E' la scrittura che diventa immagine, inglobando la parola con il suo potere, è la scrittura che nella creatività di Maria Luisa Grimani diventa visione raccogliendo anche stimoli sonori, musicali della, dalla parola.

"Le bolle di sapone che questo bimbo
si diverte a staccare da una cannuccia
sono traslucidamente tutta una filosofia..
Chiare, inutili e passeggere come la Natura,
amiche degli occhi come le cose,
sono quello che sono
con una precisione rotondetta e aerea,
e nessuno, neppure il bimbo che le libera,
pretende che siano più che non sembrino."

Ecco forse questi versi di Fernando Pessoa, autore molto amato dalla Grimani, ci danno la misura poetica di un itinerario creativo che vuole puntare alla rappresentazione senza tralasciare meticolose cuciture dello spazio, del tempo, dei concetti. La rappresentazione, l'immagine risulta da una perlustrazione, che nulla tralascia e che in questo febbrile agitarsi trova l'emozione lirica trasudata dai testi amici.
Le creazioni pittoriche di Maria Luisa Grimani non sono fantasmi usciti dagli scrigni di grandi scrittori (non privi di un ironico spessore esoterico) sono figure che non appartengono più agli scritti, camminano da sole, ma un filo sottile e resistente le tiene legate a quelle parole, a quelle scansioni poetiche.
Maria Luisa Grimani con la sua pittura ci insegna a leggere in modo nuovo, a leggere per creare figure volando con esse oltre testo e oltre cornice.

Mario Cossali
(1999, Rovereto)





IL GIARDINO DEI SEGNI
Proseguendo quella che ormai può essere definita una "sana tradizione" gli incontri internazionali di Oriente Occidente hanno portato anche quest'anno a Rovereto dei momenti espositivi. Si segnala qui la mostra a Palazzo Alberti delle opere pittoriche di Maria Luisa Grimani, artista di origini veneziane che vive e lavora tra Monza e Arco di Trento. Ci troviamo di fronte ad opere ispirate alla musica , alla danza, ai ritmi della natura e la Grimani stessa parla dei suoi gesti pittorici come "gesti ispirati a danze, a suoni, a voci, a gesti che stanno tra le persone e le cose, come movimentate pause, silenzi sonori, corpose ombre". Ma a mio avviso c'è di più: infatti l'artista insegue i segni più trascurati, più dimenticati, rimossi, o meglio coglie un mondo di segni là dove la maggior parte delle persone coglie altre cose. Marisa Grimani costruisce un immenso schedario, un infinito archivio, dei segni che riesce a cogliere con una sensibilità che è distesa a rete sui luoghi del suo ascolto e questo ascolto vive la duplice vita, inscindibile ma distinta, della mente e del corpo.
Il tema dei segni è strettamente correlato alla ricerca della danza contemporanea e non per niente questa è spesso legata ad un flusso di ricerche creative e immaginative, tipico della pittura e della scultura del nostro secolo. La mostra di Marisa Grimani ci ha fatto scoprire la tela più vera della danza, di cui spesso non comprendiamo l'intima struttura, ma nello stesso tempo ci ha introdotti una volta di più in un "giardino" che crediamo di conoscere, quello dei segni, e che invece ci rivela ogni volta nuove piste di creatività e di intelligenza.

Mario Cossali
(1994, Rovereto)





IL VUOTO MERAVIGLIOSO

"Ciò che permane lo fondano i poeti" (Holderlin)

Il verso di Holderlin, proposto da Heidegger a significazione dell'essenza della poesia e ripreso dal filosofo Vattimo, contribuisce a delineare l'esistenza di un'area post-moderna in cui l'arte, ormai svincolata dall'assunto proprio del pensiero occidentale arte-verità, trova il suo fondamento in ciò che permane, in quel "permanente" che è solo nell'arte.
Il fare artistico pare prospettarsi, in quest'ottica, non come discendente da una verità a priori (assunto medievale), ne da una verità conquistata dall'intelligenza e fatta propria dalla coscienza (nell'umanesimo), ma come fondante una nuova realtà, anzi la vera realtà, il permanente.
A questo livello si colloca il gesto di Maria Luisa Grimani, apparentemente casuale, solo perché svincolato da nessi di causa-effetto ed estraneo a propositi di presa del reale.
In questo senso il gesto di Maria Luisa Grimani parrebbe ricollegarsi ad atteggiamenti di pensiero orientale, come proposta dell'unità fra la persona e il tutto; più precisamente si tratta di una ricerca che - fuori dall'ansia della modernità e quindi dall'evidenziazione della ragione o della non-ragione delle cose - muove alla conquista del silenzio (non come assenza del rumore), dell'ordine (non come venir meno della confusione), del bello (non come in contrapposizione al brutto).
Si tratta di un gesto non presuntuoso, innocente, assolutamente non violento. In esso fisicità e intelligenza sono la stessa cosa. Come nella danza, una delle forme più antiche dell'arte.

Paolo Biscottini
(maggio 1990)



IL TESTO POETICO COME IMMAGINE

Raro il simbolo di questa nostra epoca. Raro nel linguaggio, tanto più lo è nell'Arte. Oggi la comunicazione tenta l'immediatezza, gioca nel presente e pare voler escludere quasi aprioristicamente ciò che è assenza, lontananza, distanza. Nulla altrove, tutto qui. Una storia di hic et nunc che soprattutto esclude i percorsi labirintici della fantasia e preclude al mistero.

Al contrario Maria Luisa Grimani si lascia tentare dai giochi dell'assurdo e quasi ricerca - divertita?, appassionata?, intimorita? - di là dallo specchio di Alice il senso - quello vero? - delle cose. La mente non si distrae. Le mani lavorano come quelle del chirurgo. Sapere non è sapienza. Dove la verità? Non nella parola e nemmeno nella forma. Né nella idea. Ma là e lì. E oltre ancora.
Parolaformaideaconcettomisterogioco.

Invenzione. Simbolo del nuovo reale che l'occhio può finalmente vedere e sentire e subito capire. Il faut que notre intelligence s'habitue à comprendre synthetico-idéographiquement, au lieu de analytico-discursivement. Apollinaire.

La parola si libera dai consueti nessi sintattici. Il linguaggio si concentra in vocaboli autonomamente espressivi che irradiano quasi automaticamente una forma sospesa fra il bianco-infinito del foglio e il nero-finito del segno grafico. Un processo di pulizia estetica che nasce dall'umiltà di chi, rifiutando il giro di parole dell'espressione o le forme già note della natura - la sicurezza dell'uomo aristotelico - vuole soprattutto manifestare il proprio senso di inadeguatezza di fronte ad una realtà intuita come mondo ancora sconosciuto, mistero.

Paolo Biscottini
(1985, Chiavenna)








il testo come immagine

il testo come immagine,
verifica 8+1
venezia-mestre 1980


marialuisa grimani ci propone in questa mostra la direzione di verifica della ricerca visuale che da tempo svolge sulla parola. è la messa in prova, si potrebbe dire, al di là della fine teoricamente individuata (derrida, 1967) della scrittura lineare e del libro, la possibilità di recuperare scritture non logocentriche o libresche, cioè non mero strumento esterno per un logos, ma per l'appunto visuali, autorappresentative; non informative, dunque, come struttura o sintassi, non "vestito", ma libera esibizione della propria nuda presenza visiva, e dunque a livello di comunicazione diretta, sensibile e corporea.
gli esperimenti che grimani ci mostra contribuiscono a illuminare un problema tra i più appassionanti della creatività moderna.
questa operazione di trapasso all'indietro, avente come meta ultima il punto zero di un silenzio, può essere vista come una specie di ricerca di una precedente meta-progettualità, progetto di progetti. come tutto il senso delle analisi di grimani dimostra, è tentativo per più concretamente comprendere il reale storico, progettarlo, significarlo e, in modo proprio, tras-formarlo.
è un giro di 180 gradi che permette di riconquistare, nello specchio delle possibilità e della riflessione, il senso sempre rinascente e stupefatto delle cose in una rinnovata progettualità senza limite.

ag fronzoni
(1 marzo, 1980)

 


Il percorso artistico

Maria Luisa Grimani è un'artista di origini veneziane che vive e lavora a Monza.
Dal 1974 al 1977 lavora nello studio di progettazione di A G Fronzoni a Milano.
Studia le opere di Kandinsky e Klee con l'obiettivo di approfondire i rapporti tra razionalità e sentimento nell'arte.
Nel 1975 inizia la sua attività artistica con una ricerca sul gioco e sulla sua "traduzione" in immagini. Nel 1976 incontra Bruno Munari, che pubblicherà nel suo libro "La scoperta del quadrato" edito dalla Zanichelli due opere della serie "partite di scacchi".
Nel 1977 apre a Monza con Beba Restelli un laboratorio didattico, esperienza che la impegna per dieci anni.
Dal 1977 intraprende un lungo itinerario di lavoro sul rapporto tra parola e immagine, approfondendo l'interpretazione semiotica del testo poetico. E' di questo periodo (1979) l'autoritratto su versi di T.S.Eliot.
Nel 1980 Vando Aldrovandi apprezza le sue opere e presenta alla Libreria Einaudi di Milano la sua prima antologica. Tra questi lavori spiccano i sei pezzi del bestiario di Apollinaire, realizzati con la tecnica dello stencil, che diventeranno in seguito una cartella litografica con parole e segni.
Dal 1981 allarga la ricerca alla musica. Sono di questo periodo le pagine traforate, che vengono presentate alla Galleria Sincron di Brescia insieme alle sculture in metacrilato di Colette Dupriez.
L'invenzione legata ai ritmi musicali la spinge ad avviare una serie di opere sul segno gestuale, recuperando i propri interessi giovanili per la filosofia Zen.
Dal 1982 inizia i "Natali", una ermeneutica visiva del rapporto tra natura, uomo e divinità. Sono versi di Ungaretti, T.S.Eliot, Pasternak, Louis De Gongora, Apollinaire e Rilke. Nello stesso anno si dedica allo studio del colore.
Nel 1985 lavora sul romanzo di Italo Calvino "Se una notte d'inverno un viaggiatore" realizzando dieci tele esposte in un primo tempo alla Villa Reale di Monza nella Mostra Internazionale di Pittura curata da Paolo Biscottini e poi al Palazzo dei Diamanti a Ferrara a "Poesia come pittura" con Fernanda Fedi ed Erminia Verzella.
Dal 1989 si impegna in un confronto tra il segno come "accidente controllato" (Sabro Hasegawa) e il "disegno pittorico, schizzato di getto, rapido ed improvviso" (Teresio Pignatti) di tradizione veneziana. Nasce così la mostra "Un gesto deciso" presentata nella galleria Il Brandale di Savona.
Nel 1990 incontra la coreografa e danzatrice Carolyn Carlson e realizza nuovi segni ispirandosi al balletto "The blue lady". Opere che vengono presentate all'Istituto Italiano di Cultura di Lisbona.
A Lisbona ha modo di approfondire l'opera di Fernando Pessoa e nello stesso anno dipinge due tele nate dalla lettura de "Il marinaio".
Nel 1991 crea opere ispirate al romanzo "La vita istruzioni per l'uso" di George Perec ed in particolare 40 piccole tele che compongono un unico pezzo "Il condominio omaggio a Perec."
Nel giugno del 1993 presenta a Parigi, al Salone dell'aeronautica di Le Bourget, le sue opere sulla visione della terra dallo spazio, con il titolo " Spazio suono mano suono spazio".
Nel settembre del 1994 è a Rovereto con "Il giardino dei segni" nell'ambito del programma del Festival della danza Oriente Occidente. Da settembre a dicembre 1994 chiude il ciclo di mostre organizzate dal Museo Caproni di Trento per celebrare il 25° anniversario dello sbarco sulla luna, presentando tra i suoi lavori anche Mappaluna, tre trittici realizzati con la collaborazione dell'architetto Betty Bianchessi.
Nel settembre e ottobre del 1995 presenta una sua mostra dal titolo "Parola come immagine" alla Galleria Le due Spine di Rovereto: tra le opere esposte emergono i tre pezzi ispirati alle conferenze dal "Silenzio" di John Cage.
Nel 1996 partecipa ad una collettiva, nella Galleria d'arte Radice di Lissone, dal titolo "Trascrizione" dove presenta alcune tappe fondamentali della sua ricerca sulla parola.
Nel settembre del 1996 presenta "Dialoghi Visionari" con Laura Pitscheider al Museo d'Arte Contemporanea di Rovereto.
Nel giugno del 1997 espone "Nel cerchio de la luna" la nuova serie "La luna in scatola", con la performance dell'attore, autore e regista Tommaso Correale Santacroce e del musicista compositore Lorenzo Gasperoni nella Galleria Fatto ad Arte di Monza. Nel dicembre 1997 sempre nella Galleria Fatto ad Arte presenta le litografie "I Natali".
Nel Maggio 1998 è con Laura Pitscheider a Pietrasanta nel Chiostro di S.Agostino con i "Dialoghi Visionari". con la presentazione di Francesca Mellone
Nell'aprile del 1999 è a Rovereto nella Biblioteca Civica con la mostra "Quadri per una Biblioteca", presentata da Mario Cossali.
Nel Giugno del 1999 presenta nella Galleria Fatto ad Arte di Monza "Il giardino dei segni "
Nel 2000 partecipa alla collettiva itinerante curata da Giuseppe Casiraghi con l'opera "Rivelazione" dedicata al Giubileo.
Nel giugno 2000 è presente alla galleria artRe di Cernusco Lombardone con la mostra "Nel cerchio de la luna" le nuove opere "pizz 'e luna" e il monologo "Piccolo viaggio sulla luna" di e con Tommaso Correale Santacroce, musica di Lorenzo Gasperoni.





 



 





grafica: Tommaso Correale Santacroce